La stereofonia nasce come adeguamento all'ascolto umano. Centinaia di documenti, libri e conferenze sono state fatte per anni per cercare di rendere definitiva e scientifica una teoria sull'ascolto stereofonico.
Tutte le teorie sono valide e allo stesso tempo approssimate, e magari alcuni sistemi di diffusione si adeguano meglio a un certo tipo di registrazione. Bisogna però considerare che le nostre orecchie ascoltano in due punti suoni che provengono da infinite direzioni. Contrariamente, in fase di diffusione in stereofonia il suono parte da due punti (i diffusori).
Le tecniche di ripresa e riproduzione con più di due canali sono pensate per avvicinarsi all'ascolto naturale, ma è bene dire che la stereofonia è oggi la più diffusa, ma è pur sempre un “lemma” (assunzione temporanea da dimostrare separatamente) della disciplina del suono.
Ognuna di queste tecniche ha vantaggi e svantaggi in termini di:
- riproduzione realistica dello spazio in lateralità e profondità
- stabilità e dimensioni degli strumenti nella riproduzione spaziale
- rapporto segnale diretto/segnale riverberato
- timbrica (in particolare sugli strumenti ripresi al centro, rispetto ai lati)
Bisogna riconoscere che la stereofonia è l'essenziale conclusione dei numerosi tentativi di diffondere suono in multidiffusione. Si può dire che prima di scegliere una registrazione stereofonica da effettuarsi, bisogna considerare che due microfoni non faranno mai due orecchie, nonostante i tentativi fatti con teste artificiali ecc. proprio per le molteplici variabili che introduce il sistema uditivo nel suo processo di trasduzione. Interessanti, invece, sono i molteplici tentativi di diffusioni che partono da una originaria registrazione stereofonica o multicanale. A tal proposito la letteratura, specie americana, è folta di pubblicazioni per una specializzazione che è ancora in fase di evoluzione. Si tende comunque a diffondere il suono con la maggior fedeltà naturale, quasi fosse una mappazione spaziale. Un vero stereo non dovrebbe far percepire la presenza dei diffusori, o comunque di punti di diffusione.
Le seguenti tecniche sono le più usate, ma ce ne sono molte altre che non avendo un convincente corredo teorico rimangono adottate da chi le ha proposte.
I misuratori di correlazione audio attualmente in uso sono piuttosto primitivi e purtroppo non molto legati alla percezione umana del suono. Basti l'osservazione che a seconda delle frequenze che consideriamo, lo sfasamento tra i due canali può essere o non essere sintomo di mancanza di focalizzazione stereofonica (sempre che sia questo il problema che il nostro strumento vuole evidenziare): sugli acuti infatti rileviamo la direzione di provenienza del suono grazie a differenze di intensità, non di fase (tempo) mentre la massima sensibilità alla fase dell'orecchio umano si situa tra 200 e 2000 Hz.
Uno strumento per valutare la fase molto utile è il phase meter a due dimensioni (XY): una sorta di oscilloscopio ruotato di 45 gradi dove i due assi sono pilotati da canale sinistro e destro da misurare. La bella figura che si forma anche grazie alla permanenza luminosa dovuta ai fosfori del display riesce a dirci direzione e “larghezza” del segnale stereo con forte comunicativa. Peccato si veda sempre più di rado sulle consolle di missaggio “moderne”.